Donne, scienza e istituzioni accademiche: un’inclusione storica, ma incompleta

di Beatrice Antola


Il convengo internazionale Women, knowledge, and academic institutions: a Paduan debate three hundred years later, tenutosi presso Palazzo Bo il 26 e 27 giugno 2023, ha visto numerose ospiti internazionali riprendere le fila del dibattito voluto trecento anni fa da Antonio Vallisneri in merito al diritto delle donne all’educazione e all’inclusione accademica. Il cosiddetto dibattito Padovano avrebbe successivamente portato alla riflessione numerosi altri centri culturali europei. A partire da un excursus storico, le relatrici hanno avuto modo di tracciare l’evoluzione della vita accademica da allora, sottolineando il percorso compiuto dalle donne nelle istituzioni e la persistenza di ostacoli alla loro carriera nell’ambito della ricerca.

 

Le donne nella stanza: il dibattito dei Ricovrati e la creazione della sfera pubblica moderna (Rebecca Messbarger)

La prima giornata del convegno è stata inaugurata da Rebecca Messbarger, professoressa d’Italiano presso l’Università di Washington St. Louis, la cui ricerca è dedicata prevalentemente all’Illuminismo italiano e al coinvolgimento delle donne nella vita pubblica e nelle istituzioni. Attraverso un’accurata analisi della documentazione sul dibattito, Messbarger ha sottolineato come la sola presenza delle donne durante lo stesso avesse di per sé messo all’angolo gli uomini coinvolti, tra cui Giovanni Antonio Volpi, il quale tentò di sostenere la tesi per cui il soggiogamento delle donne nella tradizione era reso possibile dalla loro fragilità fisica, intellettiva e morale, una posizione volta a rafforzare il ruolo casalingo delle donne e allertare sulle conseguenze negative che l’educazione avrebbe avuto sulla sfera domestica. La risposta della scrittrice senese Aretafila Savini de’ Rossi, intitolata "Apologia in favore degli studi delle donne", non si fece attendere e sottolineò numerosi principi, tra cui l’uguaglianza fra uomini e donne, il miglioramento morale garantito dallo studio, e il conseguente giovamento nelle mansioni domestiche e nel governo della casa. Indipendentemente dall’esito del dibattito, l’evento fu di portata storica e segnò l’inizio di una stagione di avanzamento delle donne nell’accademia in Italia e in Europa: la filosofa naturale Laura Bassi fu la prima donna a laurearsi presso l’Università di Bologna nel 1734 e rappresenta, assieme alla matematica Maria Gaetana Agnesi e all’anatomista Anna Morandi Manzolini, una delle prime donne di scienza riconosciute come tali. Altre, tra cui la poetessa Diamante Medaglia Faini, iniziarono ad affermarsi nel mondo delle arti, spianando ulteriormente l’insidiosa strada del diritto all’istruzione.

 

Sfidare il monopolio maschile della ragione: Margaret Cavendish e la politica di retorica e scienza (Paola Rudan)

Ma è da ben prima del 1723 che le donne cercano di avanzare su questo stesso cammino. Paola Rudan, professoressa di Storia del pensiero politico presso l’Università di Bologna, ha letto e analizzato le Orazioni e le Lettere Filosofiche di Margaret Cavendish, la prima donna a visitare la Royal Society of London, pubblicate nel 1662 e volte alla critica del “monopolio della ragione” mantenuto dagli uomini attraverso una specifica concezione dell’obbligazione politica e del rapporto tra potere e libertà. Criticando i fondamenti della retorica e il suo disperato tentativo, anche dopo il terremoto ontologico della rivoluzione Protestante e di quella scientifica, di mantenere fermi i capisaldi patriarcali della vita pubblica, Cavendish rivendica nelle sue opere la possibilità per le donne di esprimersi, peraltro in relazione paradossale con la sua filosofia hobbista e fedele all’ordine monarchico. Si differenzia però da Hobbes nella sua concezione repubblicana della natura, secondo la quale non esiste una caratteristica che abbia maggior potere su un’altra; pertanto, le diversità ontologiche e antropologiche tra uomini e donne non possono fungere da discriminante, ma necessitano di cooperare in armonia. La sfera privata a cui sono relegate le donne diviene quindi l’altro volto della sfera pubblica, entrambe con una propria influenza e un ruolo politico, ed entrambe garanti di una propria libertà.

 

Prospettive dai “margini”. Sulle donne, il genere e il sapere al di fuori delle istituzioni accademiche (Francesca Antonelli)

Ma anche all’indomani del dibattito padovano, l’inclusione femminile nell’accademia impiegherà del tempo per attecchire altrove. Francesca Antonelli, ricercatrice presso l’Università di Valencia, ha discusso l’evoluzione di questa pratica in Europa e l’eccezionalità del caso italiano nel 1800. In Francia, ha spiegato, l’accademia era molto più restia alla partecipazione femminile e l’atteggiamento era, se possibile, peggiorato con la nascita di nuove istituzioni dopo la rivoluzione scientifica, nonostante le donne fossero rimaste produttrici di sapere anche al di fuori del perimetro accademico. Per di più, la differenziazione tra la sfera “istituzionale/pubblica” e quella “domestica/privata” era diventata progressivamente labile nel corso del diciannovesimo secolo. Il caso di studio di Antonelli è Marie-Anne Paulze-Lavoisier, formalmente l’assistente del notabile marito Antoine-Laurent Lavoisier. L’esempio è calzante poiché la scienziata, pur fornendo gran parte del lavoro “collaterale” alla ricerca del marito, come traduzioni e illustrazioni, non tentò mai di accedere ad alcuna istituzione: il suo contributo, evidente già ai contemporanei, seppe farsi riconoscere senza ricalcare le orme dei percorsi accademici tipicamente maschili, dimostrando la capacità delle donne di contribuire al sapere anche all’interno della propria sfera di esistenza e di lavoro tradizionale.

 

Elisabetta e le altre. La presenza femminile nell’Accademia delle Scienze italiana nel XIX secolo (Federica Favino)

L’ultimo caso di studio, esaminato da Federica Favino, professoressa di Storia della Scienza presso l’Università La Sapienza di Roma, è quello di Elisabetta Fiorini Mazzanti, una biologa che, vedendo riconosciuto il proprio talento da parte della comunità quasi esclusivamente maschile del settore, venne ammessa alla Pontificia Accademia nel 1856. Un caso simile, raro per il tempo in una delle aree più conservatrici della penisola italiana, offre vari spunti di riflessione sulle ragioni sociali e culturali di una selezione tanto rigida delle donne. L’accoglienza di Fiorini Mazzanti, infatti, passò in sordina e non catalizzò alcuna modifica dello statuto dell’Accademia, dimostrandosi un evento eccezionale che, come nel caso di Elena Cornaro Piscopia, non alterò l’effettiva percezione delle donne da parte delle istituzioni. Al successo di Fiorini Mazzanti, infatti, risposero altrettanti passi indietro per le donne nello stesso contesto: l’astronoma Caterina Scarpellini, nipote e assistente del noto scienziato Feliciano Scarpellini, non poté realmente accedere alle istituzioni accademiche fino agli ultimi giorni della sua vita, e le sue opere furono pubblicate in un giornale scientifico redatto in congiunzione con il marito che agì, di fatto, come patrono. Se da un lato è evidente che lo status sociale di queste singole donne ha contribuito ampiamente al loro riconoscimento, dall’altro esse hanno costituito indubbiamente dei precedenti fondamentali per l’ingresso definitivo delle donne come gruppo sociale nell’accademia, soprattutto in Italia e in Europa. Dalla Pontificia Accademia, all’Università di Parma con la Marchesa Teresa Paveri Invrea Fontana, agli altri centri del sapere nell’Europa continentale, esse avrebbero via via rivendicato il proprio spazio nella ricerca.

 

Conclusasi con la consegna del Premio di Studio Elena Cornaro, la giornata ha lasciato spazio alla successiva, dedicata al tempo presente e come le donne stannno riaprendo gli archivi del sapere scientifico, proponendo innovazioni di genere e affrontando le sfide contemporanee nella ricerca e nelle carriere accademiche. 

 

Innovazioni genere-specifiche: esaltare l’eccellenza nella scienza e nella tecnologia (Londa Schiebinger)

Londa Schiebinger, professoressa di Storia della Scienza presso l’Università di Stanford e ideatrice del progetto "Gendered Innovations in Science, Health & Medicine, Engineering and Environment", introduce la giornata con una riflessione sulle innovazioni in corso nei più disparati ambiti del sapere grazie all'introduzione della variabile sesso/genere nella ricerca scientifica. La domanda che si pone Schiebinger è come si possa sfruttare il potere creativo di sesso, genere e analisi intersezionale per produrre una scienza più equa e inclusiva. Schiebinger sostiene che l'equità di genere debba essere promossa attraverso diverse strategie di tipo strutturale e scientifico, tra cui l’integrazione di un maggior numero di donne nei centri di ricerca, cambiamenti strutturali nelle istituzioni e nei percorsi di carriera che si adeguino alle necessità delle stesse, e la presa in carico del genere come categoria di analisi. È il caso dell’ambito medico, in cui numerose normative nel mondo occidentale hanno imposto di prendere in considerazione le differenze dovute al sesso e al genere all’interno della ricerca e dei suoi risultati, per produrre benefici e salute per tutt*. Lo stesso vale per qualsiasi altro ambito nel quale una sensibilità ai bias e agli effetti dovuti a sesso e genere possa sortire dei risultati più precisi e accurati. Tra gli esempi riportati da Schiebinger, uno dei più noti e dibattuti al giorno d’oggi è quello dei bias di genere nell’intelligenza artificiale, in pressoché ogni settore in cui essa venga impiegata: dall’assunzione di dipendenti, alle auto a guida autonoma, ai browser, ai social e le piattaforme digitali di cui usufruiamo ogni giorno.

 

Da medicina di genere a medicina genere-specifica (Giovannella Baggio)

Il focus sulla medicina genere-specifica è stato successivamente ampliato da Giovannella Baggio, Professoressa Ordinaria di Medicina Interna, detentrice della prima cattedra in Italia di Medicina di Genere presso l'Università di Padova e fondatrice del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere. Nel suo intervento, l’esperta ha sottolineato la necessità di studiare le diversità determinate dal genere nelle risposte alla terapia, le caratteristiche diagnostiche, i meccanismi patologici e la prevenzione della patologia stessa. Vi sono infatti numerosi esempi di malattie che, pur colpendo maggiormente uno dei due sessi, sono di molto sottovalutati nell’altro, anche per delle significative differenze nella sintomatologia e l’insorgenza. Per di più, anche in quei disturbi che si manifestano in maniera più o meno omogenea, gli studi sono spesso sbilanciati a favore della popolazione maschile, con una significativa sottovalutazione della loro incidenza nella controparte. Baggio riflette quindi sul dovere etico e politico, oltre che scientifico, di regolamentare e finanziare un tipo di ricerca medica che si proponga di ricorrere al genere come categoria di analisi.

 

L’analisi del sesso nella biologia marina: conoscenze e opportunità per una preservazione efficace nel cambiamento climatico (Elena Gissi)

Ma le differenze di sesso/genere nella scienza non si limitano all’essere umano. Elena Gissi, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze Marine di Venezia, usa il sesso come categoria di analisi nella biologia marina e sottolinea come questo influisca sulle possibilità di preservazione della fauna a fronte della crisi climatica. Secondo la sua ricerca, condotta presso la Stanford University e il CNR di Venezia, il sesso influenza numerose caratteristiche degli organismi marini, tra cui la morfologia, la fisiologia, il loro comportamento e la loro distribuzione, con comprovate differenze di sopravvivenza in termini di stress termico, ritmi e dispendi di energia da parte degli esemplari. Tuttavia, questa categoria di analisi è spesso sottovalutata, poiché da più parti si ritiene ininfluente. La ricerca di Gissi ambisce a descrivere gli approcci e le metodologie innovative che tengono conto di questo aspetto fondamentale, fornendo delle linee guida in grado di integrarlo nella ricerca futura.

 

Favorire la ricerca giovanile per l’uguaglianza: un aspetto fondamentale per il futuro della ricerca europea (Anne-Sophie Godfroy)

L’inclusione e il supporto alle ricercatrici stesse all’interno delle istituzioni è un tema affrontato da Anne-Sophie Godfroy, professoressa presso l’Università di Parigi Est Créteil, che discute il ruolo fondamentale fondamentale delle giovani ricercatrici universitarie. Nonostante la discriminazione avvenga nei primi stadi della carriera, secondo Godfroy, le politiche specificatamente indirizzate alle giovani ricercatrici sono la vera lacuna europea. La ricerca che ha presentato analizza l’esperienza della Cost Action Voices, un network di ricerca che include centinaia di membri ed ambisce all’uguaglianza di genere non solo nelle loro ricerche, ma anche nell’ambito sociale e lavorativo in cui operano.

 

Intercettare l’inaspettato. Le autrici e le responsabilità pubbliche femminili nel primo Medioevo (Maria Cristina La Rocca)

Malgrado l’impegno istituzionale per l’inclusione delle donne nella vita pubblica sia piuttosto recente, anche l'immagine di una passata e totale reclusione delle donne, pure in posizioni di potere, è fuorviante. Maria Cristina La Rocca, professoressa di Storia Medievale presso l’Università di Padova, espone i propri studi sulle responsabilità delle donne carolingie passate in sordina nei racconti ufficiali. Se alcuni documenti parlano in particolare della soggiogazione delle donne barbare, altri ne esaltano la libertà rispetto alla cultura romana e successivamente cristiana. Solo a metà dell’800 alcune ricercatrici si sono preoccupate di affrontare effettivamente la questione, documentandosi e confrontando le fonti disponibili. È emerso così che, tra il quinto e il sesto secolo e successivamente tra il nono e l’undicesimo, la presenza delle donne fu determinante anche negli spazi pubblici, in veste di responsabili della famiglia e della costruzione dell’autorità pubblica. I documenti dimostrano che un padre che perdeva la figlia perdeva significativamente il proprio prestigio sociale, che dipendeva a quel punto dalla possibilità di seppellirla con tutti i suoi averi, a indicarne l'mportanza. Sono proprio queste sepolture che hanno successivamente permesso a storici e archeologi di tracciare gli spostamenti dei popoli barbari, all’interno dei quali i matrimoni con donne di un certo status erano determinanti, conferendo quindi alle donne un grande potere in termini di costituzione e conservazione dell’autorità. Tutto questo è stato peraltro documentato anche dalle stesse donne, come le amanuensi nei conventi.

 

Può il femminismo cambiare la fisica? (Francesca Vidotto)

Infine, Francesca Vidotto, ricercatrice di Fisica e Astronomia presso la University of Western Ontario, affronta la possibilità che il genere come categoria di ricerca sia d’impatto anche nelle scienze pure, come la fisica. La riflessione di Vidotto è incentrata sul superamento dell’idea di una scienza “femminile” e di una “maschile”, focalizzandosi piuttosto sulle differenze comportate dal condurre una ricerca in veste di femminista, che consideri tra i suoi obiettivi le implicazioni e le conseguenze che il genere ha all’interno della ricerca, o che la ricerca provvede in termini di genere. La ricercatrice procede poi ad esporre una serie di progetti sensibili alla tematica, che si premurano di includere nel proprio gruppo persone di background diversi, ma anche di considerare all’interno della ricerca le implicazioni intersezionali. È l’esempio di Particle for Justice, ma anche di veri e propri filoni di ricerca che mirano a decostruire lo status quo e la gerarchizzazione, tra le altre cose, del genere. L’intersezione tra umanesimo e scienza si fa qui estremamente intensa.

 

Multidisciplinare ma in grado, nel contempo, di evidenziare il doppio filo che lega l’esplorazione umana e quella scientifica, la conferenza organizzata dal Centro Elena Cornaro, in collaborazione con FiSPPA, DiSSGEA e DiSLL,ha permesso, attraverso un dialogo a più voci, di celebrare il coinvolgimento delle donne nel sapere e di gettare luce sulla strada che ancora resta da percorrere per una ricerca che sia realmente inclusiva, non solo per le persone che vi partecipano, ma per l'intera comunità.

Lunedì 26 giugno, Day 1https://www.youtube.com/watch?v=iNfj8UuCMJs

Martedì 27 giugno, Day 2 : https://www.youtube.com/watch?v=deP8LIVzX1g